Ogni opera d’arte si confronta col silenzio del vissuto in forma di immagine che restituisce mediante la mano dell’artista; è il dicibile dell’impresa dell’artefice perseguita scegliendo di obbedire a un dettato interiore, per poi consegnare al pubblico l’oggetto di tanta fatica, di tanto sapere e spesso di tanto dolore
L’idea che guida fondamentalmente la pittura di Antonio Haupala è la riconduzione dell’immagine a un’intensità e intimità vitali che privilegiano l’essenziale.
Il miracolo della forma, miracolo ontologico, è un farsi, uno spiegarsi tanto ininterrotto quanto meticoloso. Formarsi è farsi da sé, crescere, realizzarsi. Nell’illusione che il Reale esista, la realtà si forma, si informa. Diventare forma, lasciare che il miracolo si compia attraverso il proprio divenire, è una questione di tratteggi, di abbozzi.
Luoghi popolati da presenze che rimangono estranee e impermeabili le une alle altre, all’altro. In questi spazi vi è l’inverso di un surplus: vi è un deficit, un meno di presenza nonostante la presenza non venga mai meno. La solitudine chiama sempre la meditazione, una certa attività intellettuale o un atteggiamento di attesa: il solitario è colui che pensa o che attende un segno, una chiamata.