La trame del “tempo perduto” nell’opera di Antonio Haupala
I
L’idea che guida fondamentalmente la pittura di Antonio Haupala è la riconduzione dell’immagine a un’intensità e intimità vitali che privilegiano l’essenziale. Eppure questo avviene secondo un percorso espressivo e ugualmente “decorativo” – con tasselli vibranti su molteplici scene e figure indispensabilmente femminili, e con colori caldi e soffusi, e velature musicali e sensive -, che non rinnega l’Erfahrung, l’esperienza simbolista, ma la conduce verso una forma che, proprio perché intesa a risolversi in un colore-ritmo, più propriamente corrispondente alla visione contemplativa dell’artista, dà origine a una silhouette dove ogni rosso o verde o giallo si distende in calibrate partiture cromatiche, definendo una precisa posizione spaziale nel dipinto.
È un percorso che ci riporta alla nostra tradizione centro-europea e a una figurazione memore di quanto interveniva in arte tra Otto e Novecento. Ovviamente Haupala è un pittore vivamente contemporaneo. Ma questa sua duplice e forse contraddittoria cifra stilistica – essere moderno e rammemorare l’antico, essere vissuto nell’adolescenza e avere anche origini asiatiche può apparire in fatto molto italiano – si accompagna a una speciale concezione della definizione delle atmosfere pittoriche, tale da consentire finanche alla tavolozza “orientale” di Haupala (quella, per intenderci, di oli quali Yasodhara e Siddharta e La fumatrice), di restare sempre entro il dettato pittorico e ben distante dal pittoresco, spingendosi per lo più a instaurare confronti tra assoluti, il lieblicher Bläue – per citare Hölderlin – o altre essenze figurative, lo spazio-struttura da un lato e le figure umane dall’altro, senza mai oltrepassare quel limite di tenuta realistica che invece Matisse candidamente infranse sino a sacralizzare evanescenze da numen lumen.
Le determinazioni haupaliane di ordine estetico-costruttivo e non empirico, vere elaborazioni plastiche dell’osservazione tramite isolamento ed esaltazione delle specifiche qualità formali, sono a fondamento di diffusi effetti lirici frutto proprio della riduzione dell’elemento referenziale in nome della sua pura vibrazione memoriale. Si lega, insomma, a una sorta d’inquadramento degli spunti iconici per stazioni tematiche oltrechè semantiche concernenti essenzialmente le esperienze femminili (Le acrobate, Le sartine, Le cuoche, Le due amiche, La partita di dama, La maga), tuttavia tradotte dalle discendenze laministiche e policrome in una sorta di campo percettivo di maggiori profondità, disvolte in vere e proprie suites figurali dove tutto musicalmente diviene e tutto però rimane intatto.
Profili decorativi, purificazioni incessanti del nucleo figurativo, contrasti luce-ombra, diagonali prospettiche o rèpoussoir la cui finzione compositiva sta ai limiti dell’illusione di profondità, pennellate verticali definitorie della superficie o coulisses incaricate di centrare la visione addensandovi l’integrale della sensazione, schemi anche metaforici sui quali poggia un vasto sistema di relazioni compositive, sono alcuni degli elementi del paysage de style di Haupala. Essi realizzano una specie di trascendenza dell’accadimento quotidiano a mezzo dello studio dei trascorrimenti e dei contrasti luminosi, e delle forme e dei piani:talora persino rinunciando a un impianto disegnativo forte per lasciare tutto campo al “colore significante”.
II
La più ampia e raffinata ricchezza di sentimenti, come la comprensione più intelligente dei nuovi principi stilistici, possono esprimersi nella misura, apparentemente ridotta, di un aneddoto, di una cosa vista, di una fable. Alle composizioni allegoriche, cariche di messaggi e di programmi, Haupala preferisce e sostituisce subito le semplici immagini di una cronaca affettuosa e silenziosa. Ai ritmi elaborati ed esterni, ai rabeschi esoterici ed ingenui, ai secchi purismi che gli infervorati post-moderni deducono dalle opere di Ranson e di Puvis de Chavannes, egli oppone un linguaggio altrettanto sofisticato ma ben di altra acutezza e misura, regolato da una sintassi poetica tanto più attenta a rispettare i valori primi della pittura.
Nelle tele del 2002 Donna con basco e Lo scialle di seta Haupala parte dalla visione diretta, dall’emozione più spoglia e sincera, e la comunica con la più rarefatta allindatura, con coltissimi giochi formali, ma per acuirne il significato di affetti, per chiarire, di quella immagine, il proprio sottile giudizio. E quando si mette l’anno appresso – con Il grande spettacolo e con Passatempi notturni – sulla via del rabesco decorativo o della linea sinuosa, del modern-style, lo fa apertamente, quasi sorridendo delle speciose giustificazioni teoriche di tanti artisti della sua generazione, abbandonandosi in pieno alla grazia arricciolata e carica del gusto più databile.
Si sa quanta parte abbiano avuto la sensibilità maladive di Verlaine, il cristallino linguaggio di Proust e l’aperta misurata chiarezza di Bonnard e di Vuillard, nella cultura di Haupala. Sarebbe da accennare pure ad un influsso – di breve durata – della poesia angosciata dei nordici, di quell’ansia psicologica e tormento erotico. Già in dipinti come Pulizia dei bicchieri e Sharazad pare di cogliere un qualche legame con certe allucinate immagini di Munch; non più che accenni, parentesi, ma indicative della complessità dell’ispirazione dell’artista, del suo sempre attento partecipare agli interessi del tempo.
Nelle opere più recenti – da Pensieri serali a Risveglio e ad Alessandra nella veranda – cambiano l’intensità e il tono dei colori, ma i lavori creativi di Haupala sono però sempre ordinati sulla base di una rara e singolare ondulazione tonale, impostata secondo spunti di luce vera, e la ricerca di un linguaggio per correspondances de formes. Ora gli oggetti e le figure sono costruiti in una sostanza perlacea, di lume sommesso (L’atelier), ora invece li scandisce un gioco arduo di forti colori opposti, di contrappunti acri ed esatti (Adesso esco!). La nuance e la giustapposizione più intensa si alternano, si fondano; ogni cosa, ogni ambiente, ogni gesto, sono ritrovati nella durata del sentimento: si ricrea, in queste immagini, la proustiana trama di un “tempo perduto”.
Floriano De Santi. 2004